Inaugurato un murales di Agostino Iacurci a Côte-des-Neiges
Si intitola “La premessa di un fiore” ed è un murales firmato da Agostino Iacurci, artista d’origine foggiano, che dalla settimana scorsa abbellisce e rende più gaio uno dei lati, quello che guarda la rue Jean-Brillant, del grande edificio, un HLM (Habitation à loyer modéré), sito al 5250 dell’avenue Gatineau.
Il murales è stato inaugurato ufficialmente il 25 agosto scorso alla presenza dell’artista, della sindaca dell’arrondissement Côte-des-Neiges–Notre-Dame-de-Grâce, Gracia Kasoki Katahwa; della consigliera del distretto di Côte-des-Neiges Magda Popeanu e di Elizabeth-Ann Doyle, direttrice artistica dell’organismo senza fini di lucro “MU” che si occupa specificamente dei progetti di trasformazione degli spazi urbani. Presenti, tra le altre personalità, anche Sylvie Simon, direttrice della gestione degli HLM per l’OMHM la prima persona all’OMHM ad autorizzare la realizzazione di un murales 15 anni fa, e il direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Montréal, Sandro Cappelli, che ha fatto da “ponte” tra l’artista e i vari organismi che hanno collaborato alla realizzazione dell’opera.
Agostino Iacurci, originario di Foggia, e da pochi mesi residente a Bologna, ha realizzato dei murales in diverse grandi città del mondo: Parigi, Londra, New York, Praga, Milano, «ed ora – ha detto la sindaca di CDN-NDG – anche Montréal si arricchisce di una suo opera. I murales – ha sottolineato – sono prima di tutto un modo di espressione, un dialogo tra l’artista e i passanti, migliaia di passanti che ammirano e interpretano le opere. Mi fa piacere constatare che un numero sempre maggiore di proprietari di edifici, come nel caso dell’OMHM, accettino che il loro edificio serva da tela gigante per quella galleria d’arte a cielo aperto che è diventata Montréal. La Ville de Montréal e l’Arrondissemente di CDN-NDG hanno investito 65.000$ in questa opera e posso assicurarvi che non è che l’inizio».
Ma come ha fatto Agostino Iacurci ad approdare a Montréal?
«Mi ci ha portato – risponde l’artista – l’ostinazione di Elizabeth-Ann Doyle e il gruppo di MU che seguivano il mio lavoro da anni. Mi avevano già proposto per altri progetti, cercavano il progetto giusto. Alla fine la città ha pubblicato un bando per questo muro, loro hanno proposto il mio nome, alla città è piaciuto quello che facevo e sono stato invitato a realizzare il murales».
Quanto tempo c’è voluto per farlo?
«La realizzazione in sito è durata circa 10 giorni, ma c’è stata tutta la fase precedente di preparazione, dalla realizzazione del bozzetto, alle informazioni sul contesto sul quale intervenire fino alla preparazione della parete.
Il titolo del murales – spiega l’autore – è nato parlando con la signora Céline, una residente del quartiere. Cerco sempre un titolo in progress o alla fine dei lavori ma lei, guardandolo, ha detto: “In questi colori vedo la premessa di un fiore”, e questa idea mi è piaciuta. L’idea, in generale, nasce dalla voglia di dialogare con il luogo e le persone, anche in base alla funzione dell’edificio che deve essere decorato che in questo caso è una “social house”, un edificio di alloggi sociali. Ho pensato a degli oggetti iconici come dei vasi con i fiori ma anche a delle anfore che derivano dalla tradizione classica italiana con un gioco di colori, di spazi e di forme che danno ritmo a tutto l’insieme il quale, pur essendo figurativo, diventa quasi un’immagine astratta. Il concetto – continua – si ispira anche alla storia di un quartiere multietnico. Le piante rappresentano le avversità, le diversità culturali e ambientali mentre i vasi rappresentano il quartiere come una casa, un guardiano che veglia sui cittadini e sul suo ecosistema, che lo protegge e lo fa crescere».
A chi si ispira nel lavoro?
«Il muralismo – risponde – ha una lunghissima tradizione in Italia. Sono tanti i riferimenti ma poiché mi sono trasferito da poco a Bologna, direi in questo caso specifico a Giorgio Morandi e alle sue nature morte, all’idea di raccontare una dimensione domestica attraverso degli oggetti».
Impressioni su Montréal?
«Dal mio punto di vista mi sembra una città molto curata, cura del verde, degli spazi pubblici. Sono stato piacevolmente colpito dalla gentilezza, dai sorrisi e dai modi di fare della gente. Porterò con me questa bella impressione. Sono molto soddisfatto del mio lavoro, ora la palla passa alla cittadinanza che spero sia altrettanto soddisfatta, io ho fatto il mio. I murales nel tempo vengono “adottati”. Adesso il murales è come un nuovo cittadino, un nuovo abitante del quartiere e spero che la città lo adotti e ci entri in confidenza».