Per celebrare la Giornata internazionale della donna il CNIC, Regione Québc, organizza ogni anno, dal 2010, una conferenza per sottolineare l’importanza dell’integrazione delle donne in vari ambiti professionali.
Quest’anno il CNIC, e il suo comitato organizzatore presieduto da Michelina Lavoratore, direttrice dei servizi ai singoli e allo sviluppo degli affari della Cassa Popolare Canadese-Italiana Desjardins, hanno scelto come tema della conferenza, svoltasi il 5 marzo nel Piccolo teatro del Centro Leonardo da Vinci, quello delle “Gardiennes de la paix”, ovvero di quelle donne che con coraggio, passione, resilienza e forza d’animo lavorano nell’ambito delle forze di polizia, della sicurezza dei cittadini e della pace nel mondo.
Introdotte dai saluti del presidente del Congresso Nazionale degli Italo-Canadesi Tony Sciascia e di Michelina Lavoratore, e dalla presentazione dell’evento da parte di Sabrina Marandola, giornalista e animatrice della trasmissione “Let’s go” che va in onda su CBC Radio One, hanno preso la parola quattro conferenziere: Mima Gentile, sergente detective della SPVM, attualmente in missione delle Nazioni Unite nella Repubblica Democratica del Congo, che si è collegata in videoconferenza; Suzanne De La Rochellière, sergente in pensione, della Surété du Québec, specialista nel settore delle droghe, attualmente consigliera d’arrondissement a Saint-Léonard; Giulia Di Bartolo, capitana in pensione della Sureté du Québec e Nathalie Vallée, capitana in pensione della Sureté du Québec.
Dall’una all’altra, le quattro conferenziere hanno illustrato al folto pubblico presente il loro percorso di vita, le motivazioni che le hanno spinte ad entrare nei vari corpi di polizia, gli sforzi nel proseguire gli obiettivi di carriera, le “trappole”, i tabù che hanno dovuto infrangere e gli ostacoli che hanno dovuto superare lungo la strada della loro professione, non ultimo il fatto di essere donne in un ambiente e soprattutto in un mestiere considerato, almeno fino a poco tempo fa, da “uomini”.
Un forte senso della giustizia, la voglia e la certezza di poter fare quel mestiere tanto bene quanto gli uomini; la determinazione, il pericolo, la conciliazione famiglia-carriera, le discriminazioni e i pregiudizi da affrontare, soprattutto quando porti un cognome d’origine italiana che, in quanto tale, viene nell’immaginario di molti associato al crimine e alla mafia.
Cinque generazioni in polizia
Suzanne De Larochellière è cresciuta a Saint-Léonard e proviene da una famiglia di poliziotti. La loro è una tradizione che prosegue perché anche la figlia, ovvero la quinta generazione, è diventata poliziotta, portando così a 243 gli anni di servizio in polizia di questa famiglia.
Suzanne, 31 anni di carriera, è stata la prima donna della famiglia ad arruolarsi nella polizia, andando anche al di là delle volontà di suo padre che non vedeva di buon occhio che la figlia esercitasse questo mestiere “pericoloso”.
È entrata nella squadra di contrasto al crimine organizzato, specializzandosi nel settore delle dorghe, infiltrando l’ambiente malavitoso. Spesso è stata chiamata nei tribunali per fornire il suo parere di esperta.
«Sono andata in pensione nel 2018 e sono fiera della carriera che ho fatto. È stata una carriera facile? Per niente. Non si è mai troppo preparati – ha sottolineato – a quello che siamo chiamati a vivere. Ma se c’è qualcosa che oggi voglio chiedervi è che prima di gridare all’ingiustizia o prima di commentare un video che passa nelle reti sociali, aspettate un attimo, prendete il tempo di riflettere, lasciate fare l’inchesta, perché spesso certe prese di posizione sono del tutto gratuite. E non si tratta di difendere ad oltranza la categoria perché come in tutti i mestieri – ha concluso – ci sono i poliziotti buoni e i meno buoni. Ognuno ha i suoi problemi ma non bisogna dimenticare che dietro la divisa c’è sempre un essere umano».
L’uguaglianza delle possibilità
Nathalie Vallée ha trascorso 26 anni nella Sureté du Québec, dal 1991 al 2017. Ha terminato la sua carriera nella S.d.Q. come capitana, a capo del servizio comunicazioni istituzionali, del protocollo e del patrimonio. La sua esperienza nelle forze di polizia si è conclusa, dal 2017 al 2022, quando ha occupato il posto di direttrice generale in seno al “Reseau intersection”, un’organizzazione senza fini di lucro la cui missione consiste nel fare la promozione della polizia comunitaria e la provenzione della criminalità nel Québec.
«Ho voluto essere poliziotta dall’età di 5 anni – ha detto – e l’ispirazione mi è venuta grazia e mia madre che ha sempre cercato di fare del suo meglio nonostante gli ostacoli che ha incontrato nel suo cammino dovuti ad atti di violenza coniugale. Mi ha sempre ricordato che ogni donna deve essere indipendente, autosufficiente e soprattutto avere molta determinazione. Mi dicevo: un giorno voglio essere poliziotta per aiutare le famiglie come la mia che hanno vissuto situazioni di ingiustizia e violenza.
Nell’ambito della mia carriera – ha proseguito – ho vissuto tante situazioni diverse ma mi sono sempre fatta rispettare e ho preso il posto che volevo prendere, con l’obiettivo di fare il mio lavoro nel miglior modo possibile. Non è stato sempre facile ma ci sono riuscita. È adottando un comportamento esemplare ed irreprensibile che spesso sono riuscita ad evitare tanti problemi. L’abilità professionale essenziale per fare un buon poliziotto è senza dubbio la comunicazione, fondamentale negli interventi sul terreno che siano preventivi o repressivi. Certo bisogna sapere cosa dire, quando dirlo ma soprattutto come dirlo e a chi. E sono proprio le donne che hanno una migliore padronanza dello strumento della comunicazione. Ma l’obiettivo – ha aggiunto – non è quello di sostituirsi agli uomini, bensì quello di essere complementari; è quello dell’uguaglianza delle possibilità, della solidarietà.
Ogni candidato, poco importa che sia uomo o donna, merita di avere le stsse possibilità e la priorità deve essere non il genere ma la competenza. E se in seno ad una qualsiasi organizzazione, compresa quella delle forze di polizia, non c’è questo cambiamento di cultura, se si impedisce alle donne di accedere a dei ruoli dirigenziali allora non ci sarà mai uguaglianza. Non rimanete indietro – è stato il suo invito rivolto alle donne – osate, prendete il vostro posto. Con la nostra esperienza e con il nostro vissuto abbiamo il dovere di ispirare le future generazioni di donne, di accompagnarle e sostenerle nelle loro scelte».
Per conoscere il percorso delle altre due conferenziere, d’origine italiana, vedere quanto già pubblicato nel sito web del Corriere Italiano.
Mima Gentile:
Giulia Di Bartolo: