«Mantenere la nostra identità»: interviste al Dr Albert Chiricosta e all’infermiera Lina Spagnuolo
Il 2021 è un anno particolarmente importante per l’Ospedale Santa Cabrini e per il Centro di cure assistenziali Dante perché queste due importanti istituzioni celebrano, rispettivamente, i 60 e i 40 anni della loro fondazione.
Un percorso, il loro, sviluppatosi sempre a fianco della comunità italiana alla quale hanno fornito e continuano a fornire servizi e assistenza nonostante le difficoltà e i cambiamenti incontrati lungo il cammino.
Del passato, del presente e del futuro dell’Ospedale Santa Cabrini abbiamo discusso con il dottor Albert Chiricosta, urologo, che oltre ad essere stato uno dei testimoni diretti di questa evoluzione avendone vissuto in prima persona tutti gli avvenimenti principali, è anche il copresidente d’onore del 60mo anniversario, insieme alla signora Irene Giannetti, che ha diretto il Santa Cabrini e il Centro Dante per oltre 30 anni.
Nato a Montréal da genitori d’origine calabrese, di Ardore Marina, Reggio Calabria, il Dr. Chiricosta ha iniziato a lavorare prima al St-Mary’s Hospital e poi anche al Santa Cabrini. Ha lavorato, e forte, per 10 anni, per entrambi, per poi scegliere definitivamente il Santa Cabrini.
«Per me il Santa Cabrini – afferma – è come una casa perché oltre ad averci lavorato per ben 44 anni, cioè dall’inizio degli anni ’70 fino al 2015 quando sono andato in pensione, per 15 anni sono stato anche il direttore dei servizi professionali.
Inoltre, sono stato il cofondatore, nel 1976, della Fondazione Santa Cabrini insieme a Suor Ilia Peverali, direttrice generale dell’Ospedale dal 1973 al 1981 e promotrice del Centro di Cure Dante, e con Don Safolio che era membro della CIBPA e del c.a. dell’Ospedale.
Il dottor Orlando – racconta – che lavorava al St-Mary’s ma che era anche il capo della chirurgia al Santa Cabrini, mi chiese, visto che parlavo italiano, se me la sentivo di andare, di tanto in tanto, a dare una mano anche in questo secondo ospedale dove la stragrande maggioranza dei pazienti parlava solo italiano. Io accettai volentieri. Poi, però, non riuscii più a “separarmi” dal Santa Cabrini. Con gli anni ne sono diventato sempre più legato al punto che quando Suor Peverali, che veniva dall’Australia, e non conosceva bene tutti i meccanismi dell’ospedale, mi chiese di collaborare saltuariamente anche all’amministrazione, non potei dire di no. Così, quel “saltuariamente”, durò 15 anni!
Dal punto di vista professionale – prosegue – ho sempre avuto tutte le attrezzature e il necessario per praticare al meglio la mia specializzazione. A quei tempi c’era un bell’ambiente, l’ospedale era come una famiglia, ci conoscevamo tutti e ci si aiutava l’uno con l’altro. Non solo i pazienti, ma anche il personale, era quasi tutto d’origine italiana. Per me la mattina andare a lavorare era un piacere, il Santa Cabrini era il “mio” ospedale! Oggi – aggiunge il dottor Chiricosta con una punta di rammarico – le cose sono un po’ cambiate. Con la riforma imposta dall’ex ministro della Salute Gaétan Barrette c’è stata una grande centralizzazione dei servizi e quella fierezza, quel senso di appartenenza all’ospedale si sono un po’ persi. Quasi tutti i capireparto si trovano ora all’Ospedale Maisonneuve-Rosemont e vengono al,Santa Cabrini uno/due volte a settimana cosicché se c’è un problema, bisogna prendere il telefono e sperare che qulcuno risponda! Prima, invece, i problemi li risolvevamo tra di noi. Quando la comunicazione si perde, si rischia di perdere anche il senso di appartenenza. Ma devo dire che, anche parlando con i miei ex colleghi, ci sono ancora tanti medici e infermieri/e che lavorano molto forte per continuare a coltivare questo senso di appartenenza».
Cosa rappresenta per lei il 60° anniversario?
«Sono fiero – risponde – di questo anniversario perché avendo lavorato in questo ospedale per ben 44 anni so che ha sempre fornito dei buoni servizi alla popolazione dell’Est di Montréal e, in particolare alla comunità italiana che poi è sempre stata la “missione” delle Suore del Sacro Cuore che sono venute a Montréal proprio per questa ragione. Noi abbiamo sempre lavorato per mantenere tale missione che oggi ricade quasi interamente sulle spalle della Fondazione».
Come vede il futuro del Santa Cabrini?
«Sono incoraggiato perché ho visto che l’attuale Ministro della Salute, Christian Dubé, ha parlato di tornare alla decentralizzazione e questo per me significa tornare ad una dimensione più locale, più incentrata sulla “famiglia” che è sempre stata il Santa Cabrini. Nel formulare gli auguri per i due anniversari mi auguro – conclude il dottore Chiricosta – che il Santa Cabrini e il Centro Dante possano mantenere intatta la loro identità e la loro missione per la comunità italiana».
Lina Spagnuolo: «Una famiglia al servizio dei pazienti»
Attualmente direttrice dei Servizi infermieristici (Soins infirmiers) del CIUSSS dell’Est di Montréal, Lina Spagnuolo ha un lungo rapporto, anche affettivo, con l’Ospedale Santa Cabrini dove è nata quasi 60 anni fa.
«Sono cresciuta in una famiglia italiana. Mio madre è originaria di Guglionesi (Campobasso) e mio padre di Avellino. Abbiamo sempre vissuto e tuttora, con la mia famiglia, viviamo – tiene a precisare Lina – all’italiana. Sono infermiera da 31 anni. Ho iniziato la mia carriera al Jewish Hospital dove sono rimasta per 10 anni. Poi nel 2000 sono passata al Santa Cabrini finché nel 2019 sono passata a dirigere le Cure infermieristiche del CIUSSS dell’Est. Mi occupo, in totale di 4500 infirmiere/i, di cui 560 solo al Santa Cabrini e al Centro Dante. Gestisco le varie equipe e soprattutto mi assicuro che le cure fornite siano sempre di qualità e che la popolazione riceva i servizi di cui ha bisogno. Certo, in questo periodo, soprattutto a causa del Covid, le difficoltà e le cose da mettere a punto sono tante come, ad esempio, la carenza di infermiere/i. Non è un lavoro facile, dobbiamo capirli e stargli vicino».
Cosa rappresentano per lei questi anniversari?
«Se siamo arrivati a festeggiarli – risponde – lo dobbiamo, e dobbiamo rendere loro un omaggio, a quanti in questi anni, medici, infermieri, impiegati, Fondazione Santa Cabrini, collaboratori, hanno lavorato tutti i giorni con dedizione e impegno per far crescere queste due istituzioni, anche con l’appoggio fondamentale della nostra comunità.
A causa della pandemia non abbiamo potuto organizzare delle celebrazioni in presenza ma solo virtuali, a parte alcuni pannelli in ospedale che raccontano la storia del Santa Cabrini. Tutte le attività virtuali: la mostra permanente “Au fil de l’histoire”, le “Masterclass all’italiana”, “Raccontami Santa Cabrini e Raccontami Dante”, e altre ancora, sono disponibili sul sito: https://ciusss-estmtl.gouv.qc.ca/actualites/tous-les-evenements/festivites-60e-de-lhopital-santa-cabrini-ospedale-et-40e-du-chsld-dante ».
Esiste ancora il senso di appartenenza?
«È sempre presente, anche se forse non come alcuni anni fa, perciò voglio fare un appello ai giovani d’origine italiana che vogliono intraprendere una carriera nel mondo della sanità: abbiamo bisogno di loro per conservare le origini italiane dell’Ospedale e del Centro. Che vengano ad incontrarci perché c’è un posto per loro all’Est e all’Ospeale Santa Cabrini. Ed inoltre, possiamo sempre dare dei corsi di italiano anche agli impiegati che non sono d’origine italiana».
Come vede il futuro del Santa Cabrini?
«In 60 anni – afferma – l’ospedale si è sviluppato moltissimo dal punto di vista clinico e tecnologico. Bisogna continuare ad evolversi, a svilupparsi e ad adattarsi alle sfide che si presenteranno. Intanto c’è un nuovo progetto di ingrandimento delle sale operatorie che diventeranno 8. Ciò migliorerà l’accessibilità per i pazienti e darà al personale uno spazio più moderno, più funzionale e piacevole per poter svolgere le proprie attività».
E il Centro Dante?
«Fondamentale perché lì ritroviamo i nostri anziani. Hanno dato tanto nel corso della loro vita, ora tocca a noi fare il meglio possibile per loro. Il sentimento di appartenenza è molto forte. Al Centro vivono 103 persone, tutte d’origine italiana e tutte le atttività sono pensate e realizzate… all’italiana, cioè per farli sentire “a casa”! Ma quello che mi preme sottolineare – conclude Lina Spagnuolo – è che sia al Santa Cabrini che al Dante c’è sempre l’aspetto familiare. Il lavoro viene fatto tutti insieme, indipendentemente dal titolo o dal compito. Tutti sono importanti e tutti contribuiscono alla missione di mantenere intatta la nostra italianità».