Le nuove parole dei giovani italiani

16:18 1 Novembre 2022

Ogni generazione porta con sé nuove parole e nuovi modi di dire che possono durare nel tempo o sparire rapidamente

Intervista alla prof.ssa Anna Rinaldin, docente di linguistica, in occasione della XXII Settimana della lingua italiana nel mondo

 

Nell’ambito delle varie iniziative svoltesi nei giorni scorsi in occasione della XXII edizione della Settimana della lingua italiana nel mondo (17-23 ottobre), dedicata quest’anno al tema de “L’italiano e i giovani”, si è tenuta, presso l’Istituto Italiano di Cultura di Montréal, la conferenza della Prof.ssa Anna Rinaldin, docente di Linguistica italiana presso l’Università Telematica Pegaso.

@R:Il tema della conferenza “Triggerare i boomer. L’italiano dei giovani fra parole vecchie e nuove”, ha rappresentato uno spunto per riflettere e per far conoscere, anche attraverso degli esempi pratici, delle nuove parole entrate nel linguaggio dei giovani italiani e delle parole che invece, hanno compiuto un percorso inverso e ne sono uscite finendo nel vocabolario dei cosiddetti “boomer”. Ma procediamo con ordine.

Prof.ssa Rinaldin, cosa si “nasconde” dietro al titolo della sua conferenza? 

«Sono esempi – risponde – di costruzione di parole nuove. La prima, “Triggerare”, deriva dal verbo inglese

“To trigger” (innescare, scatenare, ma anche infastidire, disturbare) al quale è stata aggiunta la desinenza verbale italiana “are”. Poi c’è la parola inglese “boomer” (persona nata durante l’esplosione demografica, con il senso di persona più vecchia) utilizzata qui con un articolo maschile plurale italiano. Sono, dunque,  un “mix” tra l’inglese e l’italiano che, messe insieme, costituiscono una frase in italiano che potrebbe essere liberamente tradotta con “prendersi gioco delle persone meno giovani”.

Parlando in senso più generale – prosegue la docente – l’interesse per il linguaggio dei giovani italiani è un interesse piuttosto recente che risale più o meno alla metà degli anni ’90. Gli studi si sono approfonditi negli ultimi mesi proprio in vista della Settimana della lingua italiana».

Vari tipi di linguaggio

«Nella conferenza all’IIC – afferma – ho cercato di descrivere il linguaggio giovanile suddividendolo in una serie di componenti che vanno dall’italiano colloquiale, alla questione del contatto con le altre lingue, soprattutto l’inglese, da cui vengono, ad esempio, tutte le parole legate ai media sociali, lo spagnolo e il francese.

Ho affrontato poi il tema della componente dialettale. I giovani, a seconda di dove vivono, recuperano in qualche modo anche il dialetto. Alcuni dialetti sono più ‘fortunati” come, ad esempio, il romanesco o il napoletano perché, di fatto, sono i più veicolati dalla televisione. Ne deriva una loro più ampia diffusione e utilizzazione.

Poi ho parlato della questione dei gerghi, una questione un po’ più complessa. Il gergo, in senso linguistico, identifica le lingue “chiuse” in sé stesse. Sono quelle lingue che hanno un codice specifico. Penso, ad esempio, alla lingua della malavita. È un linguaggio che conosce solo chi fa parte di quel gruppo. Il linguaggio giovanile è vicino al gergo. Utilizzano parole che di fatto conoscono solo i giovani.

Il linguaggio giovanile tende ad essere molto innovativo. Cambia velocemente, di generazione in generazione. I ragazzi, in maniera spontanea, tendono a distinguersi dai giovani della generazione precedente proprio per costruirsi un sistema linguistico loro proprio, auto-costruiscono la loro propria lingua.

Il linguaggio giovanile tende ad essere molto innovativo.

Questo è il motivo per il quale fondamentalmente tale linguaggio passa velocemente per essere sostituito da un altro. Ci sono delle parole che diventano vecchie presto e lasciano la spazio a parole più nuove che poi a loro volta possono avere una vita breve. Anche per questo, nel titolo della conferenza ho messo la parola “boomer”. Chi è in realtà il “boomer?” È chi fa parte di una generazione più vecchia che, quindi, perde di fatto le novità. Non è più in contatto con le novità linguistiche, ha una memoria linguistica già passata. Nel momento in cui prova ad avvicinarsi ai nuovi giovani usa un repertorio linguistico che dai giovani viene riconosciuto come proprio dei “boomer” cioè di chi è più vecchio. Ogni generazione porta con sé nuove parole e ne fa uscire altre, anche perché il mondo cambia sempre più velocemente».

Ci può fare qualche esempio di queste parole nuove entrate poi nell’uso comune?

«Esiste uno zoccolo duro di parole che dal linguaggio giovanile sono passate poi nel linguaggio comune. Sto pensando a “fico/figo” (“sei proprio un tipo fico”, oppure “quel vestito è proprio figo”). È un aggettivo che era nel linguaggio giovanile e che oggi fa parte del linguaggio di tutti. Oppure la formula esclamativa “da paura”; “quel film è da paura”, nel senso di molto bello, non che fa spavento.

Come ha trovato l’italiano parlato a Montréal?

«Ho trovato una realtà viva, nelle università, alla radio, nei giornali. L’italiano qui vive benissimo. Finché ci sono gli italiani c’è l’italiano. È importante continuare a tenerlo vivo. In ogni caso mi sembra in salute e ben tutelato».

Possiamo lasciarci con qualche parola nuova?

«Mi vengono in mente – conclude la pof.ssa Rinaldin – un paio di modi di dire per salutare o perlomeno da usare come incitamento. Il primo, usato abbastanza frequentemente dai giovani italiani è “bella zì”, (zì sta per zio) considerato un saluto amichevole. Il secondo è il famoso vocabolo romanesco “Daje”, utilizzato come incoraggiamento. Mi hanno detto che anche il Papa ogni tanto lo utilizza!»

 

 

 

 

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