(NoveColonneATG) Roma – Un’ora e venti minuti di Italia (chiamata a volte nazione), di Europa, soprattutto di giovani. Nel corso del quale dissipa una delle questioni più dibattute circa la sua salita al potere, ovvero il proprio percorso politico: “A dispetto di quello che strumentalmente si è sostenuto, non ho mai provato simpatia per nessun regime totalitario a partire da quello fascista. E giudico le leggi razziali il punto più basso della nostra storia. I totalitarismi del 900 non meritano giustificazioni di sorta e non si compensano con altri orrori o crimini: nell’abisso non si pareggiano mai i conti, si precipita e basta”.
Giorgia Meloni, nel suo discorso programmatico ha portato alla fiducia alla Camera il 25 ottobre (con 235 sì) e al Senato il giorno dopo (con 115 voti a favore), inizia parlando di democrazia, affermando che “per me è una grande responsabilità meritare la fiducia del Parlamento e per chi deve concedere o negarla: sono i grandi principi della democrazia alla quale non dobbiamo mai assuefarci”, ringrazia Mario Draghi “che ha offerto tutta la disponibilità per un passaggio di consegne veloce e sereno nonostante il nuovo governo sia guidato dall’unico partito che era all’opposizione. Così è nelle grandi democrazie”) ma soprattutto il popolo italiano, chi ha espresso il proprio voto consentendo la piena realizzazione della democrazia, con il rammarico però per tutti coloro che hanno rinunciato a questo diritto perché purtroppo alla fine spesso si decide in palazzi troppo distanti dal volere della popolazione: noi oggi interrompiamo tutto ciò dando vita a un governo pienamente politico, assumendoci tutte le responsabilità: anteporremo l’interesse nazionale a quello partito, vogliamo liberare le migliori energie di questo paese e garantire un futuro di maggiore libertà, giustizia, benessere”.
Lotta all’evasione
Meloni premette che il nuovo governo a trazione Fratelli d’Italia “dovrà affrontare il contesto macro-economico forse più complicato dal secondo dopoguerra in poi, ma poi comunque accettato questo compito con senso di responsabilità”: le ricette saranno aumentare il potere d’acquisto dei cittadini, ridurre progressivamente fino al 5% il cuneo fiscale per dare ai cittadini maggiore capacità di spesa e alle imprese maggiore facilità di assumere.
Poi la lotta all’evasione “che sia però ai grandi evasori, non caccia al gettito”. C’è anche un passaggio sul reddito di cittadinanza, introdotto da una citazione di Papa Francesco sul lavoro, in cui la premier chiarisce che lo strumento “per come è stato pensato e realizzato, ha rappresentato una sconfitta per chi era in grado di fare la sua parte per l’Italia, oltre che per se stesso e per la sua famiglia”.
Sul versante economico, Meloni annuncia anche che in Europa “rispetteremo le norme esistenti ma ci batteremo per cambiare quelle che non hanno funzionato, come il Patto di stabilità e crescita”.
Ma è alle riforme costituzionali che la premier dedica, non a caso, un lungo passaggio programmatico: “Il Pnrr è una opportunità per una vera svolta culturale, per archiviare la logica dei bonus utili solo per la campagna elettorale in favore di investimenti di medio e lungo termine, rimuovere ostacoli che consideriamo endemici ma non lo sono – dice – Negli anni passati l’Italia ha cambiato governo ogni due anni, ed è la ragione per cui le burocrazie sono spesso intoccabili e impermeabili al merito, è la ragione per cui la capacità negoziale dell’Italia è stata debole, è la ragione per la quale siamo fermamente convinti che l’Italia abbi bisogno di una riforma costituzionale in senso presidenziale che restituisca centralità popolare, passando da una democrazia interloquente a decidente. Partiamo dall’ipotesi di un semi-presidezialismo alla francese ma restiamo aperti per arrivare a una soluzione condivisa”. Ma sia chiaro, conclude, che non rinunceremo a riformare l’Italia se ci troveremo di fronte a opposizioni pregiudiziali”.