Ansa – Gli equilibri sono ancora lontani, e i coaguli di tendenze e cordate si vedranno al momento delle congregazioni generali dei cardinali, a partire dal primo marzo. Ma nel Conclave per l’elezione del successore di Benedetto XVI, peseranno anche le divisioni geografiche, in rapporto al peso che potranno esercitare sia le Chiese di antica tradizione sia quelle giovani ed emergenti, oggi vero ”motore” per il futuro del cattolicesimo mondiale.
Nel prossimo Conclave, in cui si riuniranno 117 cardinali elettori, a livello di continenti il gruppo più nutrito è quello degli europei (61), seguito dai latino-americani (19), dai nordamericani (14), dagli africani e dagli asiatici ex-aequo (11 rispettivamente), mentre un solo porporato viene dalla lontana Oceania. A livello di nazioni primeggia il drappello degli italiani (28), di gran lunga rispetto agli 11 statunitensi e ai 6 tedeschi. Seguono i 5 cardinali rispettivamente di Spagna, Brasile e India, i 4 rispettivamente di Francia e Polonia, quindi i 3 del Messico e del Canada. Due cardinali vengono rispettivamente da Argentina, Portogallo e Nigeria, mentre da un solo porporato sono formate le rappresentanze di Svizzera, Gran Bretagna, Irlanda, Ungheria, Repubblica Ceca, Belgio, Paesi Bassi, Austria, Bosnia-Erzegovina, Lituania, Croazia, Slovenia, Colombia, Cile, Venezuela, Honduras, Repubblica Dominicana, Cuba, Perù, Bolivia, Ecuador, Ghana, Tanzania, Sudafrica, Sudan, Senegal, Kenya, Egitto, Guinea, Repubblica Democratica del Congo, Australia, Filippine, Cina, Libano, Vietnam, Indonesia e Sri Lanka. In tutto sono 50 le nazioni rappresentate.
Per quanto riguarda gli italiani, da una parte c’è chi li dà sfavoriti dal recente scandalo Vatileaks – visto da molti come un ”intrigo” tutto italiano -, dall’altra c’è chi dice che dopo due Papi stranieri sia di nuovo l’ora di un italiano. E sotto questo profilo, brilla sempre più la stella di Angelo Scola, attuale cardinale di Milano ed ex patriarca di Venezia, personalità sicuramente molto apprezzata dallo stesso Ratzinger, che a tutti i costi l’ha voluto a capo della più grande diocesi d’Europa. Altro italiano in vista, il card. Gianfranco Ravasi. Occorrerà vedere comunque quanto la squadra degli italiani, al cui interno Scola gode sicuramente di ampio credito, riuscirà a coalizzare i voti dall’esterno, considerando che per essere eletti occorre la maggioranza dei due terzi, pari quindi a 78 cardinali.
L’altro gruppo forte è quello che vede insieme spagnoli e latino-americani, formato in tutto da 24 cardinali. E qui contano sicuramente l’argentino Leonardo Sandri e il brasiliano Odilo Pedro Scherer, con la ”forza” che potrà esercitare anche l’altro argentino Jorge Mario Bergoglio, già dato come ”papabile” nel Conclave del 2005 che invece elesse Ratzinger. L’honduregno Oscar Rodriguez Maradiaga, che molti consensi potrebbe riscuotere, ha invece già fatto sapere di non sentirsi adatto al ruolo di pastore supremo della Chiesa.
Tra i nordamericani, godono di altissime quotazioni il canadese Marc Ouellet, lo statunitense Timothy Dolan, mentre grande influenza avrà l’altro cardinale ”yankee” Raymond Leo Burke, prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, un ”conservatore” che predilige, ad esempio, la messa in latino. Per quanto, poi, l’ipotesi di un ”Papa nero” sia considerata suggestiva, appaiono ancora non del tutto realistiche le alte quotazioni attribuite al ghanese Peter Turkson, mentre come capofila della rappresentanza asiatica riscuote molti consensi il filippino Luis Antonio Tagle. Questi ultimi hanno dalla loro parte il fatto di rappresentare Chiese oggi estremamente dinamiche, in grande crescita, al contrario di quanto la crisi del cattolicesimo si faccia sentire nei Paesi di antica evangelizzazione. Tra gli europei, comunque, andrà considerata la capacità di traino di nomi come l’austriaco Christoph Schoenborn, l’ungherese Peter Erdo, presidente dei vescovi europei, di cui Angelo Bagnasco è vice presidente, del francese Jean-Louis Tauran, non in buone condizioni di salute ma di grandissima autorevolezza.
Al momento, a tre settimane circa dall’apertura del Conclave, mentre le possibili cordate sono ben al di là dal coalizzarsi, e senza contare le dinamiche tra ”conservatori” e ”progressisti”, si iniziano comunque ad affinare i criteri. Da una parte può esserci la scelta di un”uomo forte”, per sostituire l’anziano Ratzinger cui sarebbe mancato il ”polso” per governare la Chiesa. Dall’altra c’è l’idea di un ”uomo di squadra”, necessario – dicono in Vaticano – a far girare il sistema: non solo la Curia, ma la Chiesa nel suo complesso, quindi le Conferenze episcopali, le diocesi, le Chiese locali.
Dal 28/2 sede vacante
La procedura sarà la stessa di quando un Papa muore, eccetto il fatto, naturalmente, che non ci saranno i ”novendiali” del suffragio e i funerali. Le dimissioni di Benedetto XVI aprono, dalle 20 di giovedì 28 febbraio, il periodo della ”sede vacante”, cioè la fase in cui il trono di Pietro resta vuoto dopo l’uscita di scena di un Pontefice e l’elezione del successore. Durante questo periodo una figura di grande rilievo è il cardinale camerlengo – attualmente il cardinale Tarcisio Bertone – il quale assume di fatto le funzioni del governo ordinario della Chiesa.
Le procedure per la sede vacante sono dettate dalla costituzione apostolica ”Universi Dominici Gregis”, promulgata da Giovanni Paolo II il 22 febbraio 1996.
Una volta decaduto il Papa, o perché morto o perché, come in questo caso, dimesso, tutti i cardinali della Curia Romana e il cardinale segretario di Stato decadono dal loro incarico, ad eccezione dello stesso camerlengo, del penitenziere maggiore (card. Manuel Monteiro de Castro), del cardinale vicario di Roma (Agostino Vallini), di quello della Città del Vaticano (Angelo Comastri) e del decano del Collegio cardinalizio (Angelo Sodano). Restano in carica anche i segretari dei dicasteri per la gestione ordinaria, così come l’elemosiniere di Sua Santità (mons. Guido Pozzo) e il cerimoniere pontificio (mons. Guido Marini).
È il camerlengo a convocare i cardinali ”elettori”, cioè quelli di età non superiore agli 80 anni e, trascorsi di norma dai 15 ai 20 giorni, si riunisce il Conclave. In questo caso, comunque, il primo marzo avranno inizio le ”congregazioni generali”, aperte sia ai cardinali elettori che agli ultraottantenni, senza una durata prefissata. Dopo questa fase di consultazioni, il card. Sodano presiederà la messa ”Pro eligendo Pontifice”. Poi inizierà, in Cappella Sistina, il vero e proprio Conclave. Vi parteciperanno 117 cardinali: attualmente i minori di 80 anni sono 118, ma il 26 febbraio la soglia sarà superata dal cardinale ucraino Lubomyr Husar. A dare l’ ”extra omnes” sarà il Maestro delle celebrazioni liturgiche. Le regole delle votazioni seguiranno il ”motu proprio” promulgato dallo stesso Benedetto XVI nel giugno 2007, secondo il quale per eleggere il Papa sarà necessaria una maggioranza qualificata di due terzi degli elettori. Non varrà più, quindi, l’ipotesi della maggioranza semplice della metà più uno degli elettori. Dopo la 33/a o 34/a votazione, comunque, si passerà direttamente, e obbligatoriamente, al ballottaggio fra i due cardinali che avranno ricevuto il maggior numero di voti nell’ultimo scrutinio. Anche in questo caso, però, sarà sempre necessaria una maggioranza dei due terzi.
I due cardinali rimasti in lizza, inoltre, non potranno partecipare attivamente al voto. Se per un candidato i voti raggiungono i due terzi dei votanti, l’elezione del Pontefice è canonicamente valida. L’ultimo dell’ordine dei cardinali diaconi richiama il maestro delle celebrazioni liturgiche e il segretario del collegio cardinalizio. Il decano o il vice decano si rivolge all’eletto dicendo: ”Acceptasne electionem de te canonice factam in Summum Pontificem?” (Accetti la tua elezione canonica a Sommo Pontefice?) e a risposta affermativa, soggiunge: ”Quo nomine vis vocari?” (Come vuoi essere chiamato?), domanda a cui il neo-eletto risponderà con il nome pontificale.
Dopo l’accettazione si bruciano le schede, facendo in modo che dalla piazza San Pietro possa vedersi la classica fumata bianca. Al termine del Conclave il nuovo Papa si ritira nella ”stanza delle lacrime”, ovvero nella sacrestia della Cappella Sistina, per indossare per la prima volta i paramenti papali con i quali si presentera’ in pubblico dalla Loggia delle benedizioni della basilica di San Pietro. Il nome di tale luogo deriva dal fatto che, si presume, il pontefice scoppi a piangere per la commozione e per il peso della responsabilità del ruolo che è chiamato a svolgere. Tradizionalmente, nella sacrestia sono presenti paramenti papali di tre diverse misure, che possono approssimativamente adattarsi alla taglia del nuovo eletto. Dopo la preghiera per il nuovo Pontefice, di nuovo nella Sistina, e l’ossequio dei cardinali viene intonato il ”Te Deum”, che segna la fine del Conclave. L’annuncio dell’elezione vede il cardinale protodiacono affacciarsi dalla loggia centrale della Basilica e pronunciare l’ ”Habemus papam”. Quindi il nuovo Pontefice, preceduto dalla croce astile, impartirà la solenne benedizione Urbi et Orbi. Se le previsioni saranno rispettate prima di Pasqua (31 marzo) la Chiesa avrà la sua nuova guida.