Il 29 dicembre scorso la Governatrice Generale del Canada, Sua Eccellenza Mary Simon, ha annunciato 99 nuove nomine in seno all’Ordine del Canada (Ordre du Canada): 2 in qualità di “Compagno (Compagnons-CC)”, 32 in qualità di “Ufficiale (Officiers-OC)” e 65 in qualità di “Membro (Membre-CM)”.
L’Ordine del Canada, istituito nel 1967, è una delle più alte onorificenze del Paese e viene assegnato dal Governatore Generale per onorare quelle persone, di ogni estrazione sociale, che, con le loro azioni, hanno dato un contributo straordinario e duraturo alla nazione e alla società. Finora più di 7600 persone hanno ricevuto questo prestigioso riconoscimento.
Tra queste nomine troviamo quella di Donato Taddeo, che ha trascorso una vita nel mondo dell’istruzione superiore e universitaria, e che attualmente è assistente al presidente per la pianificazione e lo sviluppo della Loyola High School di Montréal.
«Sono nato a Montréal così come i mie genitori. I miei nonni/e – spiega Donato, Donat per i francofoni e Don per gli anglofoni, – sono arrivati qui intorno al 1910-12. Tre di loro erano d’origine abruzzese mentre il quarto, o meglio, la quarta, era d’origine molisana. Ho fatto i miei studi al Loyola College poi sono andato alla Stanford University per prendere il Dottorato in Studi Classici perché la mia idea era di insegnare a livello universitario. Ma la vita mi ha portato su strade diverse e sono stato molto fortunato ad avere le possibilità che ho avuto».
Come ha accolto questa nomina e cosa rappresenta per lei?
«L’ho accolta con un po’ di sorpresa e di commozione. Penso rappresenti un riconoscimento per quello che ho fatto durante la mia carriera, per il contributo che ho dato al mondo dell’istruzione, soprattutto a livello amministrativo, nei vari istituti scolastici dove ho lavorato: dall’Università Concordia, dove sono rimasto per 26 anni ricoprendo anche incarichi come preside di facoltà, all’Università di Montréal, dove sono stato vice rettore per tre anni. Dalla Fondazione del Centro universitario di salute dell’Università McGill come membro del consiglio d’amministrazione alla Loyola High School dove sono tornato nel 2011 dopo essere andato in pensione. Mi avevano chiesto una mano, non ho saputo dire di no, mettendo a disposizione della scuola la mia esperienza, le mie conoscenze e il network che mi sono creato in 50 anni di lavoro.
La Loyola – aggiunge Donato Taddeo – è una scuola secondaria cattolica privata per ragazzi fondata dai gesuiti nel 1896 e che conta oltre 720 studenti. Le grandi novità sono che dal prossimo anno scolastico accoglierà anche le ragazze e che il consiglio d’amministrazione, composto storicamente da religiosi, si sta aprendo sempre più ai componenti laici senza perdere però le sue caratteristiche di scuola cattolica. Mi diverto ad essere qui perché posso contribuire senza avere le responsabilità che ha ad esempio il preside come gestire il personale o preparare il budget.
Un altro motivo per la nomina è, forse, che ho lavorato sia negli ambienti francofoni che in quelli anglofoni e in quelli italiani, tanto sul piano dell’istruzione che su quello comunitario facendo parte di consigli amministrativi e organismi culturali educativi che rivestono un ruolo molto importante nella società. Per esempio, sono stato presidente del Congresso Nazionale degli Italo-Canadesi, Regione Québec, dal 1983 al 1985».
In tutti questi hanni ha visto passare tanti giovani. Ci sono delle differenze tra quelli di ieri e quelli di oggi?
«Trovo che oggi, cosa che non sentivo quando io frequentavo l’High School, c’è molta ansia tra i giovani. È come se dovessero decidere a 15-16 anni cosa vogliono fare nella vita. Per coloro che sono sicuri di diventare un giorno contabili, avvocati, medici, ingegneri, per loro va bene. Ma per quelli che vorrebbero orientarsi verso la letteratura, le Scienze politiche, l’antropologia, la storia, diventa più difficile. Le prospettive di un mestiere “sicuro” sono meno evidenti e subiscono la pressione della società.
Per me l’importante è il processo formativo: studiare, analizzare, leggere, scrivere. Avverto che c’è questa pressione tra i giovani, in gran parte dovuta ai genitori che spingono affinché i loro figli intraprendano una carriere più redditizia, più scientifica che classica.
Inoltre – prosegue Donato Taddeo – rispetto a ieri c’è l’impatto delle nuove tecnologie e il diminuito senso della storia. Quello che è successo l’anno scorso non vale più niente, la prospettiva storica sembra dimenticata. Oggi esiste questo falso sentimento determinato dalla presenza dei media sociali per cui se una cosa la penso è vera; è vera perché l’ho scritta e l’ho condivisa su Facebook. La mia opinione è “suprema”, ma in questo modo si crea una notevole mancanza di senso critico, si crea molta confusione e molta disinformazione».
Quattro anni a Roma
Fra i tanti consigli d’amministrazione di cui ha fatto parte e i tanti incarichi che ha ricoperto c’è stato anche quello di Delegato del Québec a Roma dal 1988 al 1992, per conto del Governo del Québec. Gli abbiamo chiesto che esperienza è stata. «Anni interessanti, per l’Italia e per l’Europa, il Trattato di Maastricht, la Comunità Europea, l’assassinio di giudici Falcone prima e di Borsellino poi, la caduta di Craxi e del Partito Socialista Italiano. Mia moglie, quebecchese “pure laine” si è affezionata molto all’Italia, le nostre figlie, due gemelle, avevano appena 6 mesi quando ci siamo trasferiti a Roma e hanno frequentato l’asilo imparando l’italiano. Il fatto che abbia un nome italiano ha facilitato molto i rapporti con le autorità italiane.
Una delle cose che ricordo con piacere è che, eravamo nel novembre del 1988, all’inizio del mio mandato, rientrando a casa ho detto a mia moglie:“Brigitte, sono d’origine italiana ma non sono italiano, sono nordamericano”. Questo perché il modo di fare in Italia era molto diverso da quello a cui eravamo abituati. Mia moglie mi rispose: “Hai due scelte: o cerchi di cambiare 57 milioni di italiani o ti adatti al loro modo di fare”. Decisi di adattarmi. Dopodiché le cose sono andate benissimo e mi sono adeguato al modo di fare italiano. Mi piace dire non c’è solo il bianco e il nero ma c’è anche un po’ di grigio, una zona dove si può provare a “giocare”, a discutere per arrivare all’obiettivo».
Tornato in Canada quale dei due “metodi” ha utilizzato?
«Molto di più quello italiano. Meglio essere aperti. Il no, non esiste!»